UA-131030708-1!-- Global site tag (gtag.js) - Google Analytics -->

IL LAVORATORE HA DIRITTO A SUBENTRARE NEL NUOVO APPALATORE.

  • Autore: Valeria Beggin
  • 12 feb, 2021
Un lavoratore, che da anni aveva sempre prestato la propria attività lavorativa quale addetto alle pulizie in un cantiere affidato tramite appalto pubblico alla società datrice di lavoro, improvvisamente, veniva licenziato dal proprio datore di lavoro con la  motivazione di aver terminato l'appalto presso una amministrazione pubblica.
Il lavoratore decide di impugnare il licenziamento e di ricorrere dinnanzi al Giudice del Lavoro per vedere accertato il suo diritto ad essere riassunto  presso la nuova società che  era subentrata nel medesimo appalto.
Quest'ultima tuttavia sottoponeva al lavoratore diversi contratti di lavoro ma non presso i medesimi locali in cui il lavoratore era solito lavorare e non alle medesime condizioni di lavoro . 
Nelle more della causa anche questa seconda società terminava il suo contratto di appalto che infatti veniva affidato ad una terza società.
Il lavoratore decideva allora di chiamare in causa anche questa terza società sempre con la finalità di riuscire ad essere ricollocato alle proprie originarie mansioni e nei medesimi luoghi di lavoro. 
Infatti, l'art. 43 del CCNL dei Servizi di Pulizia prevede espressamente che  qualora più datori di lavori si succedano nel medesimo appalto sussista un obbligo per i lavoratori del primo a mantenere il proprio posto di lavoro ed essere quindi ricollocati alle dipendenze del datore di lavoro subentrante. 
Con sentenza emessa nel febbraio 2021 il Tribunale di Venezia - Sezione Lavoro ha stabilito anche che qualora tra un appalto e l'altro intercorra un lasso di tempo, breve, deve ritenersi comunque "verificato il medesimo fenomeno per cui una società ha perso l'appalto per il servizio di pulizia ordinaria e tale appalto è stato assunto poi da una nuova società sicchè avrebbe dovuto trovare applicazione l'art. 43" del CCNL citato. 
Di conseguenza, in mancanza di elementi dai quali è possibile "affermare che siano intervenuti modificazioni di termini, modalità e prestazioni contrattuali" e quindi in assenza di elementi di diversità, tra un appalto e l'altro, certamente esiste in capo alla società subentrante "l'obbligo di assumere il ricorrente alle medesime condizioni con le quali aveva in precedenza lavorato presso la precedente appaltatrice (livello e orario)". 
Pertanto, se il Tribunale ha ritenuto esistente il diritto della seconda società alla riassunzione del lavoratore ha invece ritenuto priva di qualsiasi responsabilità la terza - ed ultima - società ovvero l'attuale detentrice dell'appalto pubblico. 
Questa società, difesa quale codifensore, dall'Avvocato Valeria Beggin chiamata anch'essa in causa dal lavoratore, il quale chiedeva anche a quest'ultima l'obbligo di riassumerlo presso l'appalto, è stata ritenuta del tutto estranea alla vicenda ed ad essa non è stato riconosciuto nessun obbligo nè di assunzione nè tantomeno di risarcire il danno al lavoratore.
Nessun obbligo alla società difesa dall'Avv. Valeria Beggin che è quindi riuscita a dimostrare come, nei suoi riguardi non potesse trovare applicazione la clausola sociale invocata dal lavoratore. 
Una grande soddisfazione per aver difeso il diritto della società che si è vista coinvolta in una causa di lavoro con una richiesta di risarcimento importante e che avrebbe comportato, in caso di soccombenza, oltre ad un danno economico anche non poche difficoltà organizzative e logistiche. 
Avv. Valeria Beggin  
 
Autore: Valeria Beggin 24 settembre 2022
Un cittadino del Bangladesh, titolare di un regolare permesso di soggiorno per motivi di lavoro decideva, prima della scadenza del suo permesso di fare rientro nel proprio paese di origine ove vi rimaneva per diverso tempo durante il quale, nonostante la richiesta di visto di reingresso il permesso di soggiorno scadeva.
Di conseguenza riceveva quindi dall'Ambasciata Italiana a Dhaka il diniego al rilascio del visto di reingresso non potendo più fare rientro nel territorio italiano. 
Contattato l'Avv. Valeria Beggin il cittadino straniero conferiva quindi specifica procura a rappresentarlo contro il diniego del visto ricevuto che lo bloccava fuori dall'Italia impedendogli di fare rientro e riprendere la propria attività lavorativa. 
Veniva quindi proposto ricorso al Tar del Lazio avverso il provvedimento in parola nei termini di legge. 
L'Avv. Beggin contestava i plurimi vizi di violazione di legge posti in essere dall'Amministrazione italiana nell'adottare il provvedimento.
In particolare infatti al ricorrente non gli  era stato permesso di provare e giustificare i motivi che lo hanno obbligato a rimanere nel proprio territorio oltre la scadenza del permesso di soggiorno, motivi giustificati anche dalla situazione di salute avendo nelle more contratto la malattia del Covid.
A seguito del ricorso presentato nel mese di giugno, con sentenza semplificata del mese di agosto 2022 il Tar, letto il ricorso dell'Avvocato lo  accoglieva integralmente e, di conseguenza  ordinava  alla Amministrazione di annullare il provvedimento impugnato. 
Grazie alla sentenza del Tar inoltre veniva ordinato all'Ambasciata Italiana di Dhaka di rilasciare il visto di reingresso.
In questo modo, nel giro di pochi mesi, il ricorrente ha potuto fare rientro nel territorio italiano e riprendere quindi la propria attività lavorativa.

Se ti serve aiuto o hai ricevuto un diniego da parte della Pubblica Amministrazione contattami e valuteremo assieme la tua pratica. 

Avv. Valeria Beggin  
Autore: Valeria Beggin 12 agosto 2022

Le unioni civili e le coppie di fatto sono disciplinate dalla Legge Cirinnà n. 76/2016

Per coppia di fatto si intende una coppia di conviventi maggiorenni, sia di sesso diverso che dello stesso sesso:

  • unita stabilmente da legami affettivi e di reciproca assistenza morale e materiale;
  • non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile;
  • coabitanti ed aventi dimora nello stesso Comune con convivenza stabile.

Per l’accertamento della stabile convivenza si fa riferimento alla dichiarazione di residenza fatta in base al regolamento anagrafico ( art. 4 e art. 13, c. 1, lett. b) del DPR n.223/1989 ).

Nonostante  sia intervenuta questa normativa è ancora molto difficile riuscire a regolarizzare la posizione del partner straniero e fargli ottenere il permesso di soggiorno quale familiare del cittadino comunitario. 

L'Avvocato Valeria Beggin ha seguito diverse cause portando in Tribunale la Pubblica Amministrazione ancora reticente nel procedere alla iscrizione anagrafica del cittadino extra comunitario e quindi al rilascio del permesso di soggiorno ottenendo il riconoscimento dei loro diritti soltanto in sede giudiziale.

Vari Tribunali hanno ormai espresso parere favorevole alla iscrizione anagrafica ed alla trascrizione del contratto di convivenza ai sensi dell'art. 1 comma 52 Legge 76/2016 ritenendo sussistente una convivenza di fatto anche al di là della coabitazione  in ragione del "mutato assetto della società" (Cass. 9178/2018) permettendo in questo modo di regolarizzare la posizione del cittadino extracomunitario unito sentimentalmente ma non sposato con cittadino comunitario, allineandosi alla normativa UE che impone appunto di favorire, per quanto più possibile, il diritto all'unità familiare. 

Tenuto conto della disciplina europea e della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea recepita anche in Italia il requisito della documentazione ufficiale si intende soddisfatto dalla sussistenza del contratto di convivenza redatto e sottoscritto anche dall'Avvocato nei termini e nei modi previsti dalla normativa citata. 

Con provvedimento ottenuto il giorno stesso dal Tribunale di Venezia,  in via cautelare di urgenza,  l'Avvocato Beggin ha ottenuto la trascrizione all'anagrafe del cittadino extra-comunitario permettendo poi la verifica degli ulteriori requisiti necessari affinchè la Pubblica Amministrazione competente possa valutare la richiesta che mira a regolarizzare la posizione del partner extra  comunitario all'interno del territorio.   

Se vuoi maggiori informazioni chiama e fissa un appuntamento in studio per valutare assieme la migliore soluzione alla Tua situazione.


Autore: Valeria Beggin 9 aprile 2022
Con provvedimento del Tribunale di Venezia del 13 gennaio 2021 l'Avv. Valeria Beggin otteneva la regolarizzazione di un cittadino cinese in Italia da oltre 10 anni e senza un regolare permesso di soggiorno . 
Lo straniero infatti assumeva di essere entrato in Italia regolarmente tramite un permesso di soggiorno per motivi di lavoro e di avervi soggiorno assieme alla famiglia per diversi anni. 
Risultava  coniugato in Italia con cittadina cinese dalla quale aveva diversi figli ormai maggiorenni. 
Sennonchè, dopo diversi anni di permanenza in Italia il ricorrente lasciava scadere il proprio titolo di soggiorno e non ne chiedeva mai il rinnovo fino a quando, recatosi presso lo Studio dell'Avvocato Beggin si rendeva conto di dover regolarizzare la sua posizione nel territorio italiano.
La Questura di competenza tuttavia negava qualsiasi richiesta di rilascio di permesso di soggiorno emettendo un provvedimento di diniego.  
Lo straniero quindi, difeso dall'Avv. Beggin adiva al competente Tribunale per richiedere il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di famiglia in quanto ormai da oltre dieci anni presente nel territorio italiano assieme alla moglie ed ai figli. 
In esito al processo il Tribunale  con ordinanza definitiva accoglieva le richieste dell'Avvocato tenuto conto che nulla ostava al ricongiungimento familiare del cittadino straniero  come al rilascio o al rinnovo di un permesso di soggiorno ordinando alla Questura competente di provvedere. 
Grazie alla difesa dell'Avv. Beggin quindi anche se  trascorso diverso tempo senza procedere al rinnovo del tuo titolo di soggiorno il cittadino straniero oggi ha regolarizzato la sua posizione nel territorio italiano potendo in questo modo anche reperire una occupazione lavorativa. 

Se hai problemi con il Tuo permesso di soggiorno contattami e valuterò la soluzione al Tuo caso. 

Avv Valeria Beggin  
Autore: Valeria Beggin 9 aprile 2022
PERMESSO MINORI COME E QUANDO RICHIEDERLO
Autore: Valeria Beggin 14 gennaio 2022
Con il decreto Flussi anche quest'anno è ammesso l'ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato e stagionale, nonchè di lavoro autonomo per un numero di 69.700 lavoratori stranieri, stagionali, non stagionali e lavoro autonomo. 
I settori interessati sono per i lavoratori stagionali: 
- agricoltura;
tali quote sono riservate alle seguenti nazionalità  Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Herzegovina, Corea (Repubblica di Corea), Costa d’Avorio, Egitto, El Salvador, Etiopia, Filippine, Gambia, Ghana, Giappone, Guatemala, India, Kosovo, Mali, Marocco, Mauritius, Moldova, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Repubblica di Macedonia del Nord, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Sudan, Tunisia, Ucraina.
Per i lavoratori non stagionali i settori di interesse sono:
- autotrasporto
- edilizia 
- turistico/alberghiero
Con circolare del 5/01/2022 è stato precisato che per il settore dell'autotrasporto merci per conto terzi è necessario che il lavoratore sia munito di patenti professionali equivalenti alle patenti di categoria CE. 
Nel decreto 7.000,00 quote sono previste per coloro che devono convertire il permesso di soggiorno già posseduto in altro titolo di soggiorno. 
Le domande sono caricabili dal sito del Ministero dell'Interno al link che trovate di seguito  Decreto flussi 2021: 69.700 gli ingressi consentiti in Italia a lavoratori non comunitari | Ministero dell‘Interno , e sarà possibile inviarle dalle ore 09.00 del giorno 27 gennaio 2022 per le quote relative al lavoro subordinato non stagionale, autonomo e per le conversioni, e dalle ore 09.00 del giorno 01 febbraio 2022 per le quote relative al lavoro subordinato stagionale nei settori agricolo e turistico / alberghiero.
Per inviare la pratica i documenti necessari sono:
- spid del datore di lavoro 
- visura del datore di lavoro e carta di identità;
- copia del passaporto del lavoratore

Per informazioni sulla richiesta di nulla osta e sulla procedura del Decreto Flussi 2022 contattami .
Avv. Valeria Beggin 



Autore: Valeria Beggin 31 agosto 2021
Lo ius sanguinis previsto dalla Legge 13 giugno 1912 n. 555 e confermato nella Legge 5 febbraio 1991 n. 92 permette l'attribuzione della cittadinanza italiana per discendenza senza alcun limite generazionale, ciò significa che per ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana sarà sufficiente avere un avo nato nel territorio italiano nel XIX ma deceduto dopo il 17 marzo 1861. Ciò sarà possibile anche se i vari componenti della famiglia non abbiano nemmeno la consapevolezza di essere cittadini italiani. 
Pertanto, al cittadino straniero che, in virtù di un avo avente cittadinanza italiana intende vedersi riconoscere la cittadinanza italiana, si applicano le disposizioni previste dalla circolare K.28.1 dell'8 aprile 1991 in grado di confermare appunto che trattasi di cittadino italiano mediante la trascrizione  dei relativi atti di stato civile. 
In questi casi la domanda di riconoscimento della cittadinanza dovrà essere corredata da specifici documenti in grado di dimostrare che la cittadinanza sia stata trasmessa senza interruzioni dall'avo nato in Italia ed emigrato fino al richiedente il riconoscimento. 
I documenti necessari sono :
- estratto dell'atto di nascita;
- atti di nascita compreso quello della persona richiedente,
- atto di matrimonio dell'avo italiano emigrato e dei discendenti;
- certificato di non naturalizzazione 
Tutti i certificati dovranno essere tradotti e legalizzati al fine di poter avere validità nel nostro ordinamento. 
Ricevuta la documentazione l'Ufficiale dello Stato Civile dovrà attivarsi per svolgere tutte le verifiche necessarie. 
La procedura per la cittadinanza iure sanguinis può essere attivata sia recandosi personalmente presso il Comune italiano di residenza dell'avo sia mediante apposita Rappresentanza diplomatica italiana nel paese estero. 
In alcune ipotesi è anche possibile far accertare giudizialmente lo stato di cittadino italiano ricorrendo direttamente all'Autorità Giudiziaria competente. 

Se vuoi maggiori informazioni su come ottenere la cittadinanza italiana o vuoi affidarmi il Tuo caso contattami. 
Avv. Valeria Beggin  
Autore: Valeria Beggin 2 luglio 2021
Con il decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 30 giugno il Governo ha definitivamente "sbloccato" i licenziamenti permettendo quindi di poter licenziare per motivi economici dal 1 luglio. 
Tuttavia è stata preferita una soluzione intermedia che prevede il blocco dei licenziamenti fino al 31 ottobre per i soli settori del  TESSILE, ABBIGLIAMENTO  e PELLETTERIA i quali potranno usufruire anche di un ulteriori settimane di CIG gratuita dal 01 luglio fino al 31 ottobre 2021. 
Gli altri settori industriali e per le imprese del settore dell'edilizia invece viene suggerita la possibilità di utilizzare 13 settimane di cassa integrazione straordinaria prima di procedere ai licenziamenti. 
Viene inoltre concesso l'utilizzo di 13 settimane di cassa integrazione straordinaria gratuita per le azienda che hanno esaurito gli ammortizzatori di emergenza COVID e 6 mesi per le aziende del settore aereo con collegato blocco dei licenziamenti. 
Inoltre è stato istituito un nuovo Fondo (FPCRP) per poter formare i lavoratori in cassa integrazione le cui modalità di utilizzo di tali risorse verranno emanate a breve. 
Mentre  il blocco dei licenziamenti permane fino al 31 ottobre  per  le aziende del settore terziario, artigianato e somministrazione che utilizzano CIG in deroga.  

Di seguito il link al testo integrale del decreto reperito dal sito  Blocco licenziamenti e CIG: ecco le nuove regole - FISCOeTASSE.com
decreto-legge-del-25052021-73.pdf
Autore: Valeria Beggin 28 maggio 2021
Un lavoratore assunto regolarmente presso una società di servizi si assentava per malattia per un lungo periodo durante il quale percepiva l'indennità di malattia da parte dell'Istituto Nazionale INPS competente. 
Durante un controllo di routine presso un altro datore di lavoro lo stesso lavoratore veniva trovato al lavoro, veniva inoltre trovata documentazione che sembrava confermare come il rapporto di lavoro non regolarizzato si fosse instaurato da almeno un mese. 
La Guardia di Finanza che ha condotto le indagini ha quindi contestato al lavoratore di aver percepito indebitamente l'indennità di malattia quando di fatto prestava attività lavorativa per un altro datore di lavoro. 
Si instaurava il processo ed il lavoratore veniva pertanto rinviato a giudizio per il reato di truffa aggravata perchè con artifizi e raggiri consistiti nel prestare la propria attività lavorativa quale dipendente in nero a favore di una società nonostante fosse nel periodo di malattia presso altro datore di lavoro ha sottaciuto all'INPS di svolgere attività lavorativa ed ha indebitamente percepito l'indennità di legge. 
Con la conclusione delle indagini il lavoratore, difeso dall'Avv. Valeria Beggin prendeva visione dell'attività svolta dagli inquirenti. 
E' pertanto emerso che l'attività di indagine seppur scrupolosa non rappresentava quanto effettivamente posto in essere dal lavoratore. 
La difesa dell'imputato è riuscita a dare evidenza in giudizio che il lavoratore non aveva prestato attività lavorativa per un intero mese ma, la sua attività si riduceva a poco più di 2 giorni al termine dei quali peraltro fu lo stesso lavoratore a rassegnare spontaneamente le proprie dimissioni e far quindi cessare la corresponsione di qualsiasi indennità. 
E' stato pertanto invocato l'istituto della particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131 bis cp.
Sul punto a far luce sono intervenute anche le Sezioni Unite, che, andando a chiarire i dubbi interpretativi sorti all’indomani dell’introduzione della norma, hanno definito la particolare tenuità del fatto come una causa di non punibilità, con effetti anche in tema di deflazione, la quale, in considerazione della propria portata generale deve ritenersi  “applicabile per qualsiasi tipo di reato che rientri nell’ambito definito testualmente dalla disposizione, poiché per qualsiasi reato è possibile graduare la modalità della condotta. 
L’applicabilità della norma è prevista a tutti i reati  “per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena”.
Ciò al fine di ridurre e velocizzare la trattazione di quei procedimenti per fatti bagattellari, espungendoli dal circuito penale, in applicazione con il principio di economia processuale e proporzionalità della pena.
Dinnanzi al GIP del Tribunale Penale l'imputato, difeso dall'Avv. Valeria Beggin ha fatto emergere gli errori nell'attività di indagini che imputava al lavoratore un numero di giornate decisamente superiori rispetto a quelle effettivamente prestate dal lavoratore reo di aver svolto soltanto un numero ridottissimo di ore di lavoro. Il Tribunale ha pertanto accolto la tesi difensiva dell'Avvocato ed, applicando l'art. 131 bis cp ha assolto l'imputato da ogni capo di imputazione. 
Avv. Valeria Beggin  


Autore: Valeria Beggin 7 aprile 2021
Con ricorso depositato dinnanzi al Tribunale del Lavoro di Pesaro una lavoratrice esponeva di aver prestato attività lavorativa a favore di una società  ricevendo un compenso minimo mensile fino a quando, a detta della lavoratrice, il datore di lavoro le avrebbe comunicato verbalmente di non presentarsi più al lavoro. 
Sosteneva la lavoratrice che il rapporto di lavoro sarebbe dovuto essere un rapporto da qualificarsi subordinato ove ella si sarebbe messa a disposizione della società datrice di lavoro ed avrebbe assolto agli adempimenti riferiti dal datore di lavoro. 
Sosteneva inoltre di aver maturato un rilevante numero di ore di lavoro  e, di conseguenza, un cospicuo ammontare di retribuzione. 
Chiedeva inoltre che venisse dichiarata la nullità del licenziamento. 
Si costituiva in giudizio la società per il tramite dell'Avv. Valeria Beggin la quale, con una memoria di costituzione e risposta replicava alle accuse mosse dalla lavoratrice. 
In particolare, venivano sollevate eccezioni di rito ponendo inoltre l'attenzione alla rappresentazione dei fatti svolta dalla lavoratrice. 
Sono state evidenziate le attività del datore di lavoro che durante tutto il periodo del rapporto lavorativo ha sempre avuto pieno rispetto per le normative a tutela della sicurezza del lavoratore il quale peraltro aveva anche piena autonomia nello svolgimento della propria attività lavorativa. 
L'Avv. Beggin ha evidenziato le plurime contraddizioni della lavoratrice facendo quindi emergere in giudizio che  le doglienze ma soprattutto le richieste economiche della stessa risultavano errate sotto il profilo rituale e non  giuridicamente fondate. 
Con sentenza ormai definitiva il Giudice del lavoro ha pertanto rigettato integralmente il ricorso del lavoratore ed aderendo integralmente alla tesi difensiva ha dichiarato inammissibile il ricorso in quanto del tutto carente dei requisiti minimi obbligatori obbligando la lavoratrice anche al pagamento delle spese processuali a favore dell'Avv. Valeria Beggin . 
Si tratta di una sentenza chiara che mette in luce come la decisione di impugnare il licenziamento o di richiedere differenze retributive da parte del lavoratore necessiti di particolare attenzione e molta conoscenza della materia per contro, una difesa tecnica in favore della società datrice di lavoro e  costantemente aggiornata alla normativa giuslavoristica ha permesso di ottenere una ampia vittoria  sotto ogni profilo, anche in punto di condanna alle spese circostanza, questa ultima,  non facile da ottenere. 

Autore: Valeria Beggin 10 marzo 2021
Tra le misure alternative alla detenzione idonee a realizzare la funzione rieducativa della pena oltre:
- all'affidamento in prova ai servizi sociali,
- alla semilibertà
- alla liberazione anticipata
il nostro ordinamento prevede la misura della detenzione domiciliare. 

Prevista dall'art. 47 ter della L. 354/1975 la misura della detenzione domiciliare consiste nella possibilità per il condannato ad una pena definitiva di poter scontare la propria pena della reclusione presso la propria abitazione o in altro luogo di privata dimora o in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza, per il periodo di tempo che andrebbe scontato in istituto penitenziario. Dal 2011 sono state aggiunte anche le case famiglia protette, strutture pensate per accogliere le detenute madri e i loro figli minori.  

L'istanza per poter usufruire della detenzione domiciliare, se il condannato è detenuto dovrà essere presentata al Magistrato di Sorveglianza il quale trasmette gli atti al Tribunale di Sorveglianza competente. Verrà quindi fissata una data di udienza nella quale il detenuto potrà essere sentito. Nel disporre tale misura il Tribunale stabilisce anche le prescrizioni a cui il condannato dovrà necessariamente attenersi durante il periodo considerato. La competenza nella concessione e nella revoca della detenzione domiciliare è infatti del Tribunale di sorveglianza, come peraltro anche per le altre misure alternative, in ogni caso  le concrete modalità di attuazione della misura possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza.

Non sempre è possibile usufruire della misura alternativa della detenzione domiciliare ma sono necessari alcuni requisiti  indicati nel dettaglio in tabella. In linea generale ciò che non potrà mancare sarà un alloggio ed una persona che si farà carico delle esigenze del condannato sebbene in alcuni casi a questo può essere concesso di uscire in orario ben determinati e circostanziati per far fronte alle proprie esigenze. 

Durante il periodo di detenzione è vietato allontanarsi dalla propria dimora, ricevere o frequentare o comunicare con persone diverse dai famigliari e conviventi salvo che per esigenze sanitarie, di ufficio, di pubblico servizio o difesa legale, accompagnarsi con pregiudicati e tossicodipendenti, detenere sostanze stupefacenti o farne uso o fare uso di sostanze alcoliche o di armi. Inoltre dovrà essere indicato nel campanello il proprio nominativo e curarsi che il campanello funzioni al fine di favorire i controlli delle Forze dell'Ordine. 

Avv. Valeria Beggin 

Show More
Share by: